“Ma in realtà quello che noi amiamo della vita, anche dell’altro, sono le ferite. Noi non ci innamoriamo della bellezza pura, ma del fascino. E il fascino è un insieme di ferite e di stratificazioni di dolore che noi viviamo quindi imparare a mostrare le ferite, a convivere con le ferite è una cosa che il Buddhismo Zen ti insegna. E quindi è anche un modo per acquisire fascino, che poi significa questo. Significa essere quella cosa del mondo che porta la sua singolarità e ne fa qualcosa di universale.”

“Praticare il mondo per me significa esserci, avere la consapevolezza di sapere dove siamo in quel preciso momento della nostra vita. E quindi stare con le persone, stare nella realtà, nel presente. Ho sempre pensato che nella pratica e nella relazione con l’altro noi siamo lo specchio della persona che ci è davanti.”

“Dico sempre che per me lo Zen è un’avanguardia, come l’arte o come altre espressioni. Proprio perché ti permette di vivere dei momenti senza confini, dei momenti orizzontali dove appunto si esce dal mondo dei concetti e si entra in un mondo molto più profondo fatto di senso, di mistero e di ricerca”.

“Una frase che mi ha sempre colpito è “Sii la migliore persona imperfetta che puoi essere”. Quindi non cercare sempre la perfezione, non cercare sempre di essere quello che non sei ma anche lavorare con le proprie fragilità e debolezze, con le proprie paure. Anche questo è conoscere se stessi.”

“Praticare il mondo, essere nel mondo ma soprattutto essere del mondo, cioè essere partecipi con tutte le pratiche, le attività, tutto quello che accade in questo mondo. Questa è la pratica dello Zen e soprattutto la pratica del Cerchio che da 35 anni si dedica ad aiutare le persone che ricercano loro stesse o che devono e hanno bisogno di emanciparsi da una sofferenza che è sempre più penetrante in questa società.”

“Praticare il mondo significa semplicemente vivere, vivere e accogliere ciò che la vita ci porta, di momento in momento. Ma anche rispondere a ciò che la vita ci chiede di momento in momento.”